Gli evitamenti sono dei comportamenti che ognuno di noi mette in atto al fine di proteggersi da situazioni considerate temute. Essi possono verificarsi in contesti fisici o relazionali, e per ognuno di noi acquistano un significato unico che ha a che vedere con il modo che abbiamo di costruire la realtà.
Possiamo evitare situazioni di esposizione, persone, comportamenti, legami o emozioni. La “fuga” rappresenta un comportamento di adattamento, che viene agito al fine di metterci al sicuro da ciò che consideriamo una minaccia. Questi comportamenti però, se protratti nel tempo, rischiano di influenzare in modo importante la nostra vita, privandoci della libertà di agire, di esplorare e di esprimere noi stessi per ciò che siamo. In questi casi infatti l’evitamento si trasforma in sofferenza, non ci sentiamo più liberi di compiere delle azioni semplici, come ad esempio guidare l’auto, salire le scale, chiamare una persona, stare da soli o trovarci in mezzo ad una folla. Con queste azioni cerchiamo di proteggerci da un’esperienza incontenibile e incontrollabile che può generare dei pensieri e delle emozioni molto dolorose. Gli evitanti possono riguardare sia eventi esterni (ampi spazi, folla, altezze, animali, persone, oggetti, film, ecc.) che interni (emozioni, pensieri, sensazioni, ecc.).
L’emozione di base che caratterizza questo nostra tendenza ad allontanarci da ciò che temiamo è appunto la paura. La distanza ci dà un’iniziale sensazione di sollievo, la paura si riduce così anche le tensioni corporee; ma questi effetti sono destinati a non durare a lungo e meno che non evitiamo sempre. Così si viene a creare un comportamento di costante evitamento, da un’iniziale sollievo si passa a un rafforzare l’oggetto/persone/emozione di un valore sempre più terrifico, con la conseguenza che ciò alimenta sia la disistima in noi stessi, perché ci percepiamo incapaci di affrontarla, sia il valore di pericolo di ciò che temiamo.
Questo tipo di condotta è presente in tanti tipi di problematiche, ma ha sempre un unico scopo, quello di controllare e gestire lo stato di malessere interno. Il lavoro psicoterapeutico consiste nel comprendere ed osservare il vero oggetto che porta alla fuga, per poi dare un senso a questa esperienza, arricchirla e accoglierla. Passare attraverso la nostra sofferenza sicuramente non è la cosa più semplice, ma la strada potrà portarci a nuove scoperte che ci apriranno a nuove consapevolezze ed ad un senso di maggiore libertà.