Non è una notizia qualunque, almeno per me.
Da quasi vent’anni lavoro in ambito psiconcologico, e ho il privilegio e l’onore di accompagnare persone che affrontano la fase finale della loro vita. Vedo la forza, la fragilità, la rabbia, la paura, ma soprattutto il desiderio profondo di restare padroni di sé stessi, anche quando la malattia sembra togliere ogni margine di scelta.
In tutti questi anni mi sono chiesta spesso che cosa significhi davvero “cura”. E la risposta che mi sono data non è mai stata la stessa. A volte significa attraversare insieme, altre lenire il dolore, altre ancora semplicemente restare presenti in silenzio e in contatto. Ieri, con questa legge, la Sardegna riconosce un’altra forma di cura, ovvero il rispetto della volontà di chi non vuole più soffrire.
Non è una scelta facile, né lo potrà mai essere. Ma credo che il vero atto di umanità sia ascoltare senza giudicare, fare spazio all’altro in modo radicale, offrire libertà senza imporre visioni e permettere a ciascuno di restare protagonista della propria storia fino all’ultimo respiro.
Sono felice e fiera che la mia terra abbia scelto la libertà e ne sono grata e commossa . So con concretezza, sulla base dei racconti e delle storie che porterò sempre con me, quanto sia necessario dare dignità a chi chiede di poter scegliere.
Sono grata per questo passodi apertura, passo che non toglie valore alla vita, ma la restituisce in modo unico e libero