Parlare, ascoltare e sentirsi in uno scambio che ci nutre… o forse no

Nella vita di ogni giorno comunichiamo continuamente con colleghi, con la famiglia e con gli amici. Eppure, quante volte ci accorgiamo che qualcosa “non arriva”, che il messaggio viene frainteso o che la conversazione perde di profondità? Una delle ragioni principali è la presenza di distrazioni sia interne che esterne, che ci forniscono l’assist per allontanarci con la mente e lo sguardo dalle nostre conversazioni.

Alcune delle frasi che vengono riportate spesso in terapia, ma anche nel dialogo comune sono “abbiamo problemi di comunicazione”, “allora a questo punto non comunico più!”, “è una comunicazione a metà!”. Sembra quasi che la comunicazione sia un campo minato, ma la verità è più semplice (e anche un po’ rognosa): qualsiasi cosa accada tra due persone è un atto comunicativo. Non solo le parole, ma anche i silenzi, le omissioni, i sospiri, gli sguardi altrove, le fughe improvvise o persino uno sbadiglio. Pensate a un film muto, ogni gesto racconta una storia, e nelle relazioni avviene esattamente lo stesso.

Tutti i partecipanti hanno uguale peso e responsabilità nella comunicazione in corso. Non c’è mai un “colpevole unico” in quanto ciò che accade si co-costruisce insieme, momento dopo momento.

Ora vediamo cosa può accadere quando le cose vanno per il verso storto e subentrano delle distrazioni.

Un articolo un po’ datato e pubblicato sul Journal of Communication (2019) sottolinea che la comunicazione interpersonale non è mai un semplice scambio lineare di parole, ma un processo dinamico che richiede attenzione reciproca. La distrazione non riguarda solo il rumore di fondo (come un telefono che squilla o un’interruzione esterna), ma anche fattori interni come il vagare della mente, un qualcosa che sentiamo nel corpo o nel “cuore”, oppure “l’irrefrenabile” impulso di prendere il cellulare in mano durante una conversazione

Alcuni studi dimostrano che quando la nostra attenzione è divisa diminuisce l’ascolto attivo e registriamo meno dettagli, perdiamo sfumature emotive e segnali non verbali utili a dare coerenza al narrato. Aumentano i fraintendimenti e bastano pochi secondi di distrazione per cambiare il significato percepito di un messaggio e l’atto l’empatico si indebolisce perché non riusciamo a “sintonizzarci” sullo stato interiore dell’altro.

Un esperimento condotto alla University of Michigan ha mostrato che i partecipanti che tenevano lo smartphone a portata di mano ( non in mano!!! Ma sapevano dell’esistenza del telefono disponibile e accessibile) durante una conversazione riferivano livelli più bassi di soddisfazione e vicinanza emotiva rispetto a chi non aveva alcun dispositivo visibile.

Non tutte le distrazioni sono facili da notare. Anche pensieri intrusivi, preoccupazioni o la tendenza a formulare la risposta prima che l’altro abbia finito di parlare creano una barriera silenziosa.

Ma come possiamo ridurre queste interferenze per una comunicazione più appagante?

Ci sono alcune azioni semplici ma efficaci da ricercare come ad esempio conversare senza dispositivi elettronici, almeno nei momenti significativi e la mindfulness applicata alla comunicazione ci aiuta a rimanere presenti e ad ascoltare con intenzione. C’è una pratica che si chiama Insight Dialogue che mira a questo obiettivo e puoi leggere di più cliccando qui. Anche riformulare ciò che hai capito e ciò che l’altro ha detto con lo scopo di assicurarti di aver compreso correttamente è una saggia scelta, insieme a dedicare momenti esclusivi al dialogo, senza la pressione di dover fare altro nello stesso momento.

Di fatto le distrazioni sono inevitabili, ma non invincibili. La qualità delle relazioni dipende dalla qualità della nostra attenzione, pertanto imparare a “esserci davvero, con pienezza” e incarnare l’ascolto, è un atto di cura, che alimenta fiducia, empatia, connessione e reciprocità appagante per entrambi gli attori di una conversazione.