Il fallimento e gli errori, benché siano delle esperienze dolorose e demoralizzanti, fanno parte della nostra vita. Non ci è possibile controllare e prevedere quando e come questi accadranno, ciò prescinde dalle nostre possibilità.
In generale ci sono due modi in cui tutti cerchiamo di affrontare questi momenti. Affidiamo la responsabilità dell’accaduto a qualcosa di esterno a noi come ad esempio al sistema, al nostro capo, al nostro compagno/amico o qualsiasi altra cosa o persona. Allontaniamo da noi quella sensazione di dolore e quella percezione di essere vulnerabili attribuendo la colpa all’esterno. Oppure un altro modo molto comune, è quello di prendersela con noi stessi e ci tatuiamo addosso il “fallimento” come se in noi ci fosse qualcosa di sostanzialmente sbagliato.
In queste circostanze possono sorgere dei pensieri come ad esempio “se avessi fatto questo o quello”, “sono veramente una frana, non me ne va una dritta”, “certo che sono sfortunato”, “lo sapevo che sarebbe andata a finire in questo modo”, ” ce l’hanno tutti con me”, “non mi sarei dovuta fidare”. A questi pensieri si associano delle sensazioni per niente piacevoli e lo stato emotivo interno è spesso rabbioso verso noi stessi e verso chi ci circonda, sorge una sorta di auto delusione e appiattimento che ci porta verso una chiusura in noi stessi. Talvolta si provano un dolore e un senso di vulnerabilità talmente forti che potremmo avere la sensazione di sprofondare in un vortice senza via di uscita.
Ma di fatto cosa sono l’errore o il fallimento se non le possibilità di osservare cosa è andato storto?
Spesso accade che in situazioni di questo tipo, per placare le sensazioni “negative”, ci lasciamo andare a comportamenti ostili nei confronti degli altri, diventiamo sgarbati e bruschi e assumiamo una posizione di perenne dubbio e diffidenza. In altre circostanze invece tendiamo a chiudendoci in noi stessi e percepirci negativamente, bloccando la nostra curiosità ed esposizione nelle varie situazioni cercando di proteggerci da quel sentire. Così cadiamo in abitudini poco salutari (dipendenze e stile di vita sregolato) o ergiamo muri con le persone che abbiamo accanto (sino ad arrivare all’isolamento).
Certo, darsi la possibilità di osservare con sguardo curioso ciò che ci procura rabbia e/o delusione non è una cosa facile. Ma la possibilità di stare in quel dolore, conoscerlo e comprenderlo ci avvicina all’opportunità di cambiare sguardo davanti agli eventi che si ripetono. Ci permette di affacciarci con stupore verso quella dimensione di apertura nei confronti del possibile ancora inesplorato.
Nel percorrere questo sentiero la strada prevede diversi ostacoli, che possono essere rappresentati dal senso di colpa, dalla vergogna, dalla vulnerabilità e dal senso di inettitudine. Così facendo il dolore è alle porte, ma ci diamo la possibilità di osservare come noi ci approcciamo al fallimento ed anche come mai cerchiamo di fuggire o anestetizzare questo sentire. Eh si, fa male… ma più percorriamo la strada più gli ostacoli ci sembreranno piccoli, nonostante siano gli stessi. Quindi cosa cambia? Noi… I fallimenti si ripresenteranno come è giusto che sia, come strumenti di crescita e di cambiamento, ma ciò che cambierà saranno le nostre gambe più allenate ad attraversare quel sentiero. Sentiremo sempre lo stesso dolore, ma lo abbracceremo e lo accetteremo come un compagno di viaggio che ci insegna ad essere coraggiosi, a chiedere aiuto al prossimo, a offrire a noi stessi una tregua e comprensione per gli errori che avverranno.
Durante una lezione alla scuola di specializzazione, uno dei miei trainer disse che quando ci troviamo davanti ad una porta e spingiamo la maniglia nel verso contrario alla sua apertura a volte capita che rifacciamo lo stesso gesto per aprire e che questo ci porta ad una lieve frustrazione. Per poter aprire, dobbiamo divenire consapevoli dell’errore che stiamo commettendo e solo in quel preciso momento ci apriamo ai vari di modi per aprire la porta.
Se anche tu tendi ad “inciampare” sempre nello stesso errore o fallimento, cerca di osservare la costanza di ciò che ti accade e fatti una semplice domanda. Cosa faccio io per ottenere questo? Cosa faccio per non aprire la porta?
Un buon fallimento a tutti… nella speranza che questo possa renderci più liberi di trovare un’altra strada o un altro modo di viverla.